Gennaio 2025

“Il corpo e l’anima”: mostra su Jia Ruskaja a Roma fino al 31 gennaio

– di Vivianna Zitani – C’è ancora tempo fino al 31 gennaio 2025 per visitare la mostra “JIA RUSKAJA: Il corpo e l’anima – attualità di un mito”, dedicata alla celebre danzatrice e coreografa, ospitata dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Inaugurata lo scorso 13 dicembre, l’esposizione, a cura di Lorenzo Tozzi con il coordinamento scientifico di Chiara Zoppolato e Gianluca Bocchino, rappresenta un’occasione imperdibile per scoprire il lato più intimo e visionario di una delle figure più affascinanti della danza italiana del Novecento.   La mostra, attraverso trenta fotografie storiche provenienti dall’Archivio Storico della Fondazione dell’Accademia Nazionale di Danza, ripercorre la vita artistica di Jia Ruskaja, rivelandone il talento straordinario e l’innovativo approccio alla danza come espressione di arte e spiritualità. L’esposizione si articola in sezioni tematiche che raccontano l’evoluzione artistica e personale di Jia Ruskaja. Nella prima sezione, dedicata alle sue origini, spiccano gli iconici scatti di Anton Giulio Bragaglia risalenti agli anni Venti, che immortalano i primi passi della giovane danzatrice e la nascita del suo stile unico. Proseguendo nella seconda sezione, si esplora il legame profondo tra danza e anima, un concetto centrale nella filosofia artistica della danzatrice, fino ad arrivare all’ultima sezione con i ritratti glamour di Ghitta Carell, che nel 1938 catturano tutta la grazia e la forza espressiva di Ruskaja.   Ad arricchire il percorso espositivo, due abiti di scena originali degli anni Trenta e le opere di tre artiste italiane contemporanee – Annalisa Cervone, Clarissa Lapolla e Simona Gasperini – che reinterpretano l’immaginario ruskajano secondo una personale visione estetica e poetica. I lavori proposti – appositamente commissionati per l’occasione – declinano le pose della tartara danzante con scatti in doppia esposizione, in movimento e in forma di collage, creando un ponte creativo tra tradizione e innovazione. Le loro creazioni stabiliscono un dialogo tra le immagini storiche e una sensibilità moderna, rendendo omaggio al mito di Ruskaja e proiettandolo nel futuro. Ruskaja, con la sua figura elegante e il suo stile inconfondibile, è un’icona della danza libera italiana, capace di celebrare i valori estetici della classicità e di tradurli in un linguaggio artistico moderno. La mostra non solo rievoca un’epoca di grande fermento culturale, ma evidenzia come la sua poetica continui a parlare al presente, rendendo Jia Ruskaja un simbolo di ispirazione senza tempo, perfettamente in sintonia con la sede scelta per l’esposizione. Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, con la sua Sala dello Zodiaco del Ninfeo, diventa infatti il palcoscenico ideale per un progetto che intreccia storia e arte contemporanea. Gli affreschi della Sala, che celebrano il ciclo delle stagioni e i segni zodiacali, amplificano il fascino delle opere in mostra, offrendo una cornice capace di dialogare con la bellezza eterna della danza e della memoria ruskajana. La performance inaugurale, tenutasi lo scorso 13 dicembre, ha dato il via alla mostra con un momento di rara intensità artistica: la danzatrice e coreografa Erica Modotti e la violinista Valentina Moriggi, hanno reinterpretato l’universo creativo di Jia Ruskaja, trasformandolo in una performance contemporanea intrisa di suggestioni improvvisative. La sinergia tra il movimento della danza e le sonorità del violino ha evocato l’essenza della poetica ruskajana, rendendo omaggio alla profondità storica dell’artista reinterpretandola con una sensibilità moderna. La mostra stessa si inserisce in un progetto più ampio, attraverso il quale la Fondazione dell’Accademia Nazionale di Danza riafferma il ruolo della danza come linguaggio universale e strumento di innovazione culturale. Questo evento rappresenta il capitolo conclusivo della programmazione 2024 della Fondazione, realizzata nell’ambito del progetto Promozione danza ricambio generazionale sostenuto dal Fondo Unico dello Spettacolo del Ministero della Cultura ed è patrocinata dalla Presidenza della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Incentrata sul tema dell’Innovazione, l’iniziativa amplia e arricchisce i percorsi tematici di Storia e Bellezza, sviluppati negli anni precedenti, rispettivamente nel 2022 e nel 2023, creando un ponte ideale tra tradizione e contemporaneità. Grazie al lavoro svolto in questi progetti, la poetica di Jia Ruskaja ha trovato nuova vita e diffusione attraverso una rete di collaborazioni nazionali con scuole di danza e istituti culturali. Questo approccio ha permesso di sensibilizzare un pubblico sempre più ampio sull’importanza della danza libera del Novecento italiano, incoraggiando la partecipazione attiva e il coinvolgimento di coreografi e danzatori in tutto il Paese. Un risultato che sottolinea l’attualità della visione artistica di Ruskaja e il suo valore come fonte inesauribile di ispirazione per le generazioni future. Informazioni utili Per chi non avesse ancora visitato l’esposizione, questa rimarrà aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2025 presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma. Per ulteriori dettagli, è possibile consultare il sito www.fondazioneand.it. Non perdete l’occasione di immergervi nel mondo di Jia Ruskaja, un’artista che ha saputo trasformare il suo corpo in un linguaggio universale libero, capace di evocare, oggi come allora, l’essenza dell’animo umano attraverso il movimento.   Luogo: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma Date: Fino al 31 gennaio 2025 Orari: Dal martedì alla domenica, 9.00-19.00 (chiuso il lunedì) Email: info@fondazioneand.it Sito web: fondazioneand.it 

Gran finale Capannori Underground Festival

– di Chiara Di Vito –   Gran finale per il Capannori Underground Festival che – lo scorso 18 febbraio al Polo Culturale Artemisia di Capannori – ha chiuso questa edizione con un incontro davvero speciale. Protagonista della serata è stato Andy dei Bluvertigo, intervistato dal direttore artistico del Festival, Gianmarco Caselli, e dal noto conduttore di Videomusic, Rick Hutton. Una conversazione che ha rapito il pubblico, unendo aneddoti, risate e riflessioni sulla carriera e la vita di uno degli artisti più iconici degli anni ’90. L’incontro è stato preceduto dai saluti istituzionali di Claudia Berti, assessora alla cultura del Comune di Capannori e da un intervento dell’artista Enrica Giannasi, presentata da Chiara Venturini, che ha condiviso il suo approccio creativo nella realizzazione delle locandine per le ultime edizioni del festival, nonché per il CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico. Le sue opere, sempre originali e ricche di significato, hanno aggiunto una dimensione visiva unica all’atmosfera del Festival, creando un legame forte tra arte e musica.   Quando Andy è entrato in scena, l’entusiasmo della platea è stato palpabile. Era evidente che per molti, essere così vicini a uno dei propri idoli musicali fosse un momento da non dimenticare. La serata è volata via in un attimo, tra risate e chiacchiere sui mitici anni ’90, un periodo che ha segnato la vita di molti presenti. Eppure, non sono mancati momenti di grande intensità emotiva, come quando Andy ha parlato, con grande sincerità, del suo rapporto complicato con il padre. È stato un momento toccante, che ha reso la serata ancora più speciale, evidenziando la profonda umanità di questo artista.   Al termine dell’intervista, Erika Citti ha consegnato ad Andy il prestigioso Premio Capannori Underground Festival, un riconoscimento che celebra la sua carriera e il suo contributo alla musica.     Ma la serata non si è conclusa con la premiazione: Andy ha voluto regalare al pubblico un’esperienza unica, suonando dal vivo alcuni dei suoi brani preferiti, da Battiato a Bowie, confermando ancora una volta la sua versatilità e passione per la musica. Il gran finale ha superato ogni aspettativa: un’esibizione esplosiva che ha visto Andy e Rick Hutton unirsi al CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico per una performance inedita di uno dei nuovi pezzi che saranno presenti nel nuovo album del gruppo presto in uscita.     Insieme, hanno suonato un brano che mescolava tribalismo e psichedelia, con Andy che alternava elettronica e sax, Hutton e Andrea Ciolino alle chitarre elettriche, Gianmarco Caselli alle percussioni e Chiara Venturini alle tastiere. Il risultato è stato un mix di sonorità avvolgenti e sperimentali che ha coinvolto il pubblico in un viaggio musicale indimenticabile. La serata si è conclusa con un’esplosione di energia, un segno indelebile del successo di questa edizione del Festival.     Un bilancio positivo per il Capannori Underground Festival, che anche quest’anno ha saputo coniugare musica, arte e cultura, creando un’atmosfera unica e coinvolgente. Il Festival non è solo una rassegna di spettacoli, ma un luogo dove la musica e l’arte si incontrano e si arricchiscono reciprocamente, offrendo al pubblico un’esperienza che va oltre il semplice intrattenimento.       Il Capannori Underground Festival – Lucca Underground Festival è organizzato da V.A.G.A. (Visioni Atipiche Giovani Artisti) con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e del Comune di Capannori in collaborazione con ARCI Lucca e Versilia, Museo Athena, Artemisia, Sistema Museale Territoriale della Provincia di Lucca, Anffas, Il Restauro, Effeottica Lucca e la media partnership di La Settima Base, Riserva Indie e Radio Sankara.  

Archetti Maestri al Capannori Underground Festival

– di Chiara Di Vito –   Archetti Maestri e Dome La Muerte protagonisti del terzo appuntamento del Capannori Underground Festival tenutosi lo scorso sabato 11 gennaio, eccezionalmente nella sala del Consiglio Comunale in Piazza Aldo Moro a Capannori.     Un evento di grande impatto per coloro che hanno avuto l’opportunità di parteciparvi e che conferma la grande forza attrattiva di un festival che in pochi anni è diventato un punto di incontro per artisti così diversi tra loro ma uniti dalla voglia di fare musica insieme. Il Capannori Underground Festival – grazie al prezioso lavoro del suo direttore artistico Gianmarco Caselli e di tutte le persone che collaborano al progetto – è riuscito a creare una comunità e quello spazio di libertà d’espressione di cui le nuove generazioni hanno sempre più bisogno.     Il terzo appuntamento, dicevamo, ha visto protagonista lo storico cantante degli Yo Yo Mundi Paolo Enrico Archetti Maestri – intervistato da Gianmarco Caselli, Chiara Venturini e Dome La Muerte, che al festival è ormai di casa essendo stato ospite di tutte le ultime edizioni. Ripercorrendo la storia degli Yo Yo Mundi, che proseguono tuttora la loro attività musicale con passione e tenacia, Archetti Maestri ha raccontato al numeroso pubblico presente moltissimi aneddoti con la vitalità di chi ha fatto della musica la propria esistenza. In chiusura, il cantante ha inoltre presentato Amorabilia, il suo primo lavoro da solista di cui ha eseguito alcuni brani. Archetti Maestri ha ricevuto il Premio Capannori Underground Festival per la diffusione della cultura Underground.     A seguire, il CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico ha accompagnato musicalmente la proiezione di Visioni Underground – la rassegna di fotografie degli attivisti del Festival – per l’occasione arricchita dalle opere dei ragazzi del Liceo Artistico “A. Passaglia” di Lucca. Opere, quelle dei ragazzi, esposte in una mostra allestita al Museo Athena di Capannori tra novembre e dicembre dello scorso anno, e che sono state protagoniste del secondo appuntamento di questa edizione del Capannori Underground Festival. Una serata ricca di sorprese quella dello scorso sabato, che è riuscita a mettere insieme diverse generazioni di artisti, uniti dalla voglia di esprimersi per costruire, insieme, uno spazio di ricerca espressiva libera dall’omologazione culturale e da pregiudizi di ogni forma.     Una voglia di collaborare, unire le forze, che si è sintetizzata nel finale quando, per accompagnare musicalmente la performance di Enzo Correnti – l’Uomo Carta, Archetti Maestri e Dome La Muerte hanno suonato insieme al CRP un brano dell’album di prossima uscita, la coinvolgente e tribale Baccante.   Il quarto e ultimo appuntamento di questa edizione del Capannori Underground Festival si terrà sabato 18 gennaio alle ore 17.15, sempre al Polo Culturale Artemisia di Capannori, e vedrà protagonisti Andy dei Bluvertigo. Ingresso libero su prenotazione fino ad esaurimento posti scrivendo una mail a associazionevaga@gmail.com.   Il Capannori Underground Festival – Lucca Underground Festival è organizzato da V.A.G.A. (Visioni Atipiche Giovani Artisti) con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e del Comune di Capannori in collaborazione con ARCI Lucca e Versilia, Museo Athena, Artemisia, Sistema Museale Territoriale della Provincia di Lucca, Anffas, Il Restauro, Effeottica Lucca e la media partnership di La Settima Base, Riserva Indie e Radio Sankara.  

La musica collettiva e resistente degli Yo Yo Mundi

– di Chiara Venturini – Sabato 11 gennaio al Capannori Underground Festival sarà protagonista Paolo Archetti Maestri, cantante dello storico gruppo Yo Yo Mundi. Archetti Maestri sarà intervistato dal mitico Dome La Muerte e dal direttore artistico del Festival, Gianmarco Caselli. L’ingresso è libero su prenotazione fino ad esaurimento posti scrivendo una mail a associazionevaga@gmail.com Per l’occasione riproponiamo l’intervista che abbiamo fatto qualche mese fa ad Archetti Maestri   La musica collettiva e resistente degli Yo Yo Mundi  Intervista con Paolo Enrico Archetti Maestri   Yo Yo Mundi: uno dei tanti gruppi emersi nei primi anni ‘90, gli ultimi momenti di gloria della musica alternativa italiana; nati in un periodo in cui appunto tutto sembrava possibile e la creatività sprizzava da tutte le parti, gli Yo Yo Mundi proseguono tuttora la loro attività musicale con tenacia e passione, tra collettivismo e impegno. Abbiamo intervistato Paolo Enrico Archetti Maestri, il cantante, chitarrista e portavoce del gruppo. Gli Yo Yo Mundi, una realtà degli anni ‘90 che va avanti con continuità senza mai fermarsi. Te lo saresti mai aspettato? Lo abbiamo voluto fortemente ed è così ancora oggi, anzi oggi più che mai! Quando io e gli altri componenti degli Yo Yo Mundi ci siamo messi insieme, dissi loro che il mio sogno era sempre stato quello di scrivere canzoni e di suonare da professionista (avevo già sfiorato questa possibilità con due band). Il gruppo nasce con  Eugenio Merico (batterista), praticamente subito abbiamo coinvolto Andrea Cavalieri (bassista), e dopo un anno di prove e composizione nella band è entrato Fabio Martino (fisarmonica e tastiere), all’epoca quindicenne. Questa è la formazione originaria degli Yo Yo, il nostro compleanno cade il 5 marzo 1989, in occasione del nostro primo live in quattro. Abbiamo subito avuto la percezione che poteva funzionare, perché noi quattro funzionavamo prima di tutto come persone e poi anche come musicisti, ognuno con la propria peculiarità, ma con la grande attitudine di aiutarci, sempre. E poi perché avevamo gli occhi che brillavano quando si parlava di musica. Infine ci voleva coraggio, spensieratezza, tenacia, determinazione e tanta voglia di emergere e a noi non mancava nulla di tutto questo. Ci siamo fatti i primi anni ‘90, con dei semplici demo e con quelli abbiamo ottenuto recensioni su diversi giornali nazionali (all’epoca c’erano tanti giornali specializzati e quasi tutti avevano uno spazio dedicato alla musica indipendente e ai demotape). E poi suonavamo ovunque senza avere neppure un disco, ma solo una grande intraprendenza e parecchia faccia tosta. Ed Eugenio già all’epoca si dimostrava abilissimo a trovare date e organizzare le continue trasferte.   Erano altri tempi, altre situazioni, contesti molto diversi da quelli in cui viviamo oggi. Erano situazioni in cui ci si doveva adattare a tutte le cose più pazzesche e bizzarre ma allo stesso tempo creative perché ci permettevano di crescere e diventare più abili e potenti ogni volta che riuscivamo a suonare da qualche parte (facevamo anche tutti i concorsi possibili vincendone diversi, era molto istruttivo parteciparvi perché spesso c’erano impianti belli e un pubblico vergine, non quello delle solite birrerie, c’era, all’epoca molta curiosità e molta disponibilità da parte del pubblico). A proposito di situazioni bizzarre… A volte non c’era neppure il palco e ricordiamo certi impianti audio luci… davvero spaventosi!! A un certo punto avevamo un po’ esaurito birrerie e pub in cui suonare e non ci piacevano neppure più tanto. Ci mancava qualcosa, allora abbiamo cominciato a suonare in strada e siamo arrivati anche in Francia, prima la Costa Azzurra e poi addirittura quindici giorni a Parigi, mantenendoci quasi completamente con quello che ci offrivano per strada mentre suonavamo le nostre canzoni e quelle di Paolo Conte (che anni dopo definì “selvatica” la nostra musica!). Quando siamo tornati ci siamo guadagnati dei palchi più importanti. Non avevamo letteralmente più paura di niente. Nel ‘91 abbiamo realizzato un album completamente autoprodotto intitolato “Nuovi oggetti di culto”, un disco che non è mai uscito perché noi volevamo fortemente essere prodotti da Gianni Maroccolo (Litfiba, CSI) e riuscimmo grazie a un amico giornalista, Marco Baratti, a incontrarlo e nacque immediatamente una simpatia, oltre a stima reciproca. Lui preferiva, giustamente, lavorare da zero con noi e le registrazioni acerbe di “Nuovi oggetti di culto” diventarono vecchie e inutili in un battibaleno. Con lui abbiamo realizzato prima un demo con alcuni inediti e poi, finalmente, l’anno successivo, cinque anni dopo la nascita del gruppo abbiamo registrato e dato alle stampe il primo album ufficiale del gruppo.  Quanto sono rimasti gli Yo Yo Mundi di un tempo? Quanto e come sono cambiati? I Litfiba dicevano: “Siamo cinque dita della stessa mano che sul palco si trasformano in pugno.” Noi eravamo in quattro e abbiamo voluto assolutamente trovare il quinto Yo Yo. Il desiderio si è materializzato nella persona di Fabrizio Barale (chitarra), che era l’assistente di studio dove registrammo l’album “Percorsi di musica sghemba” (Columbia – Sony, 1996). Finalmente anche noi potevamo diventare un pugno chiuso! Questa formazione a cinque è durata fino al 2013, poi Fabri cominciò a essere meno presente perché aveva cominciato a fare tour con l’amico Ivano Fossati (che fu nostro ospite ne “L’Impazienza”, 1999 e scrisse per noi la canzone “Il sud e il nord” e noi Yo Yo fummo ospiti nel suo album “La disciplina della terra”). Poi anche Fabio è andato a vivere in Svizzera (suona con i Vad Vuc, grande band ticinese!), la distanza e gli impegni, lavorativi e familiari, hanno  limitato assai la frequentazione artistica e così nel 2013 ci siamo trasformati in un collettivo. Fabio inizialmente è stato affiancato e poi sostituito da Chiara Giacobbe, violinista e cantante con noi da undici anni. A seguire abbiamo ospitato Simone Lombardo, suonatore di strumenti etnici che è a tutti gli effetti uno Yo Yo ad honorem. Così come Dario Mecca Aleina il nostro ingegnere del suono e Daniela Tusa l’attrice che collabora con noi da quasi dieci anni o ancora Ivano A. Antonazzo che non suona, ma è un artista che si occupa delle