Gianni Maroccolo, il Sonatore di Basso

– di Gianmarco Caselli   Cosa si può dire di Gianni Maroccolo? Di tutto di più. Una vita immersa nel libero fluire della musica, quella di Maroccolo, uno dei personaggi più influenti e rappresentativi della musica alternativa italiana. Difficile definire o inquadrare Maroccolo (chiamato dagli amici anche Marok) in un ambito definito, perché è una personalità che si rinnova continuamente, non è inchiodato a stilemi che possano caratterizzarlo una volta per tutte. Forse chi può riuscirci meglio è proprio lui, e lo fa in “Memorie di un Sonatore di basso” (edito da Libri Aparte), un libro in cui racconta se stesso, le esperienze che più lo hanno segnato artisticamente arricchite con riflessioni e considerazioni di chi sembra non avere mai fatto un vero pensiero organico per la costruzione del proprio futuro.     Maroccolo pare vivere un eterno presente con la meravigliosa arte di inventarsi ogni giorno, lasciarsi fluire nel ritmo di una vita quasi panica come un elemento naturale di questo mondo. In “Memorie di un Sonatore di basso” emerge proprio questa dimensione di Marok che sottolinea più volte come anche il suo approccio alla musica sia più naturale e artigianale rispetto a tanti altri musicisti che si affidano alla tecnologia: la sua è la ricerca di un suono vivo, vissuto, non asettico, che contempli la partecipazione emotiva nell’atto della registrazione in studio evitando che la tecnologia ingabbi la cretività. Già il titolo del libro suggerisce un approccio particolare di Marok: non un bassista, ma appunto un “sonatore di basso”.   In questo libro Gianni si racconta, racconta la sua avventura prima nei Litfiba, poi nei CCCP, nei CSI e nei PGR fino alle più recenti collaborazioni. E non mancano i contributi di alcuni dei musicisti che hanno lavorato o tuttora lavorano con lui, come – per citarne alcuni – il fedele Antonio Aiazzi (storico tastierista dei Litfiba), Claudio Rocchi, Giovanni Lindo Ferretti, Giorgio Canali. Il libro ha preso anche forma di performance: “Il sonatore di basso” è un concerto con Gianni Maroccolo e Andrea Chimenti (chitarra e voce) cui noi abbiamo assistito a Santo Stefano di Magra il 5 luglio scorso nell’ambito di “Parole liberate”. Presente anche Mur Rouge che, oltre ad affiancare sul palco Chimenti e Maroccolo, ha trascritto più di cento linee di basso di Maroccolo raccolte in “Il sonatore di basso”, sempre per Libri Aparte.   Un concerto durante il quale non solo sono state eseguite musiche che hanno ripercorso la carriera artistica di Marok, ma durante il quale lo stesso “sonatore di basso” ha raccontato aneddoti e pensieri che si possono trovare anche nel libro. Dalla lettura emerge una carriera straordinaria e intensa e che talvolta  sembra quasi non essere del tutto presente nella sua importanza neppure a Maroccolo stesso che, non solo come musicista, ma anche come produttore di tantissimi gruppi, è un protagonista più che fondamentale per la musica alternativa italiana. Maroccolo è come il vento: passa, sconquassa con tranquillità ciò che incontra grazie alla propria musica e sembra non accorgersene, senza voltarsi a osservare ciò che ha lasciato dietro di sé.    

Piero Pelù: El Diablo è tornato !

– di Gianmarco Caselli – Si è concluso venerdì 16 maggio scorso con il tutto esaurito al Viper Theatre di Firenze Il ritorno del Diablo Tour 2025 con cui Piero Pelù ha portato sul palco una carrellata di successi e anniversari della sua carriera solista e dei Litfiba. Non sono solo i 35 anni di El Diablo: sono infatti anche i 25 di Né buoni né cattivi, i 30 di Spirito, i 40 di Desaparecido. Un vero e proprio Giubileo del Rock. E per celebrare degnamente il tutto, ad accompagnare Piero, oltre all’infaticabile Luca Martelli “Mitraglia” (batteria), Amudi Safa (chitarra) e Max Gelsi “Sigel” (basso), alle tastiere è tornato il mitico Antonio Aiazzi. Aiazzi indossa non a caso una maglietta di Eneide con sopra una camicia. Ogni volta che la tastiera è più presente, nella sala si sprigiona un’atmosfera unica che fa sognare i fan dei Litfiba. Piero è sempre Piero, che piaccia o no, ma con le cuffie per proteggere l’udito. E anzi invita (a gesti durante l’esibizione) a farle mettere anche ai più piccoli presenti allo spettacolo. Quindi, per le nuove date che sono state annunciate a partire da ottobre, se avete intenzione di portare i figli più piccoli, portate anche le cuffie antirumore.     Lo spettacolo si apre appunto con Lo spettacolo e da quel momento in poi non c’è un attimo di riposo. Si prosegue con Eroi nel vento e si toccano altri grandi successi dei Litfiba come La preda, No frontiere, El diablo e tanto ancora. Non mancano ovviamente brani della carriera solista di Pelù come Novichock o Toro Loco. L’energia che si sprigiona nella sala è feroce e gioiosa allo stesso tempo, si passa dalla rabbia allo scherzo con naturalezza, e Piero fa incetta di reggiseni che dalla platea volano sul palco. Il rocker toscano non si tiene, ne ha per tutti, soprattutto per i signori delle guerre, invoca la pace più volte, canta una emozionante versione di Istanbul dietro la bandiera della Palestina e quella del Kurdistan. Quello di Pelù è un coraggio non indifferente di questi tempi, una posizione che mantiene l’artista nell’alveo dell’impegno civile e umanitario, una missione che tanti altri rocker hanno completamente dimenticato. E per finire, tutto il gruppo, quando arriva al momento dei saluti, canta Bella ciao. E tutto il pubblico canta insieme a loro.  

“Il corpo e l’anima”: mostra su Jia Ruskaja a Roma fino al 31 gennaio

– di Vivianna Zitani – C’è ancora tempo fino al 31 gennaio 2025 per visitare la mostra “JIA RUSKAJA: Il corpo e l’anima – attualità di un mito”, dedicata alla celebre danzatrice e coreografa, ospitata dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma. Inaugurata lo scorso 13 dicembre, l’esposizione, a cura di Lorenzo Tozzi con il coordinamento scientifico di Chiara Zoppolato e Gianluca Bocchino, rappresenta un’occasione imperdibile per scoprire il lato più intimo e visionario di una delle figure più affascinanti della danza italiana del Novecento.   La mostra, attraverso trenta fotografie storiche provenienti dall’Archivio Storico della Fondazione dell’Accademia Nazionale di Danza, ripercorre la vita artistica di Jia Ruskaja, rivelandone il talento straordinario e l’innovativo approccio alla danza come espressione di arte e spiritualità. L’esposizione si articola in sezioni tematiche che raccontano l’evoluzione artistica e personale di Jia Ruskaja. Nella prima sezione, dedicata alle sue origini, spiccano gli iconici scatti di Anton Giulio Bragaglia risalenti agli anni Venti, che immortalano i primi passi della giovane danzatrice e la nascita del suo stile unico. Proseguendo nella seconda sezione, si esplora il legame profondo tra danza e anima, un concetto centrale nella filosofia artistica della danzatrice, fino ad arrivare all’ultima sezione con i ritratti glamour di Ghitta Carell, che nel 1938 catturano tutta la grazia e la forza espressiva di Ruskaja.   Ad arricchire il percorso espositivo, due abiti di scena originali degli anni Trenta e le opere di tre artiste italiane contemporanee – Annalisa Cervone, Clarissa Lapolla e Simona Gasperini – che reinterpretano l’immaginario ruskajano secondo una personale visione estetica e poetica. I lavori proposti – appositamente commissionati per l’occasione – declinano le pose della tartara danzante con scatti in doppia esposizione, in movimento e in forma di collage, creando un ponte creativo tra tradizione e innovazione. Le loro creazioni stabiliscono un dialogo tra le immagini storiche e una sensibilità moderna, rendendo omaggio al mito di Ruskaja e proiettandolo nel futuro. Ruskaja, con la sua figura elegante e il suo stile inconfondibile, è un’icona della danza libera italiana, capace di celebrare i valori estetici della classicità e di tradurli in un linguaggio artistico moderno. La mostra non solo rievoca un’epoca di grande fermento culturale, ma evidenzia come la sua poetica continui a parlare al presente, rendendo Jia Ruskaja un simbolo di ispirazione senza tempo, perfettamente in sintonia con la sede scelta per l’esposizione. Il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, con la sua Sala dello Zodiaco del Ninfeo, diventa infatti il palcoscenico ideale per un progetto che intreccia storia e arte contemporanea. Gli affreschi della Sala, che celebrano il ciclo delle stagioni e i segni zodiacali, amplificano il fascino delle opere in mostra, offrendo una cornice capace di dialogare con la bellezza eterna della danza e della memoria ruskajana. La performance inaugurale, tenutasi lo scorso 13 dicembre, ha dato il via alla mostra con un momento di rara intensità artistica: la danzatrice e coreografa Erica Modotti e la violinista Valentina Moriggi, hanno reinterpretato l’universo creativo di Jia Ruskaja, trasformandolo in una performance contemporanea intrisa di suggestioni improvvisative. La sinergia tra il movimento della danza e le sonorità del violino ha evocato l’essenza della poetica ruskajana, rendendo omaggio alla profondità storica dell’artista reinterpretandola con una sensibilità moderna. La mostra stessa si inserisce in un progetto più ampio, attraverso il quale la Fondazione dell’Accademia Nazionale di Danza riafferma il ruolo della danza come linguaggio universale e strumento di innovazione culturale. Questo evento rappresenta il capitolo conclusivo della programmazione 2024 della Fondazione, realizzata nell’ambito del progetto Promozione danza ricambio generazionale sostenuto dal Fondo Unico dello Spettacolo del Ministero della Cultura ed è patrocinata dalla Presidenza della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Incentrata sul tema dell’Innovazione, l’iniziativa amplia e arricchisce i percorsi tematici di Storia e Bellezza, sviluppati negli anni precedenti, rispettivamente nel 2022 e nel 2023, creando un ponte ideale tra tradizione e contemporaneità. Grazie al lavoro svolto in questi progetti, la poetica di Jia Ruskaja ha trovato nuova vita e diffusione attraverso una rete di collaborazioni nazionali con scuole di danza e istituti culturali. Questo approccio ha permesso di sensibilizzare un pubblico sempre più ampio sull’importanza della danza libera del Novecento italiano, incoraggiando la partecipazione attiva e il coinvolgimento di coreografi e danzatori in tutto il Paese. Un risultato che sottolinea l’attualità della visione artistica di Ruskaja e il suo valore come fonte inesauribile di ispirazione per le generazioni future. Informazioni utili Per chi non avesse ancora visitato l’esposizione, questa rimarrà aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2025 presso il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, a Roma. Per ulteriori dettagli, è possibile consultare il sito www.fondazioneand.it. Non perdete l’occasione di immergervi nel mondo di Jia Ruskaja, un’artista che ha saputo trasformare il suo corpo in un linguaggio universale libero, capace di evocare, oggi come allora, l’essenza dell’animo umano attraverso il movimento.   Luogo: Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma Date: Fino al 31 gennaio 2025 Orari: Dal martedì alla domenica, 9.00-19.00 (chiuso il lunedì) Email: info@fondazioneand.it Sito web: fondazioneand.it 

Gran finale Capannori Underground Festival

– di Chiara Di Vito –   Gran finale per il Capannori Underground Festival che – lo scorso 18 febbraio al Polo Culturale Artemisia di Capannori – ha chiuso questa edizione con un incontro davvero speciale. Protagonista della serata è stato Andy dei Bluvertigo, intervistato dal direttore artistico del Festival, Gianmarco Caselli, e dal noto conduttore di Videomusic, Rick Hutton. Una conversazione che ha rapito il pubblico, unendo aneddoti, risate e riflessioni sulla carriera e la vita di uno degli artisti più iconici degli anni ’90. L’incontro è stato preceduto dai saluti istituzionali di Claudia Berti, assessora alla cultura del Comune di Capannori e da un intervento dell’artista Enrica Giannasi, presentata da Chiara Venturini, che ha condiviso il suo approccio creativo nella realizzazione delle locandine per le ultime edizioni del festival, nonché per il CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico. Le sue opere, sempre originali e ricche di significato, hanno aggiunto una dimensione visiva unica all’atmosfera del Festival, creando un legame forte tra arte e musica.   Quando Andy è entrato in scena, l’entusiasmo della platea è stato palpabile. Era evidente che per molti, essere così vicini a uno dei propri idoli musicali fosse un momento da non dimenticare. La serata è volata via in un attimo, tra risate e chiacchiere sui mitici anni ’90, un periodo che ha segnato la vita di molti presenti. Eppure, non sono mancati momenti di grande intensità emotiva, come quando Andy ha parlato, con grande sincerità, del suo rapporto complicato con il padre. È stato un momento toccante, che ha reso la serata ancora più speciale, evidenziando la profonda umanità di questo artista.   Al termine dell’intervista, Erika Citti ha consegnato ad Andy il prestigioso Premio Capannori Underground Festival, un riconoscimento che celebra la sua carriera e il suo contributo alla musica.     Ma la serata non si è conclusa con la premiazione: Andy ha voluto regalare al pubblico un’esperienza unica, suonando dal vivo alcuni dei suoi brani preferiti, da Battiato a Bowie, confermando ancora una volta la sua versatilità e passione per la musica. Il gran finale ha superato ogni aspettativa: un’esibizione esplosiva che ha visto Andy e Rick Hutton unirsi al CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico per una performance inedita di uno dei nuovi pezzi che saranno presenti nel nuovo album del gruppo presto in uscita.     Insieme, hanno suonato un brano che mescolava tribalismo e psichedelia, con Andy che alternava elettronica e sax, Hutton e Andrea Ciolino alle chitarre elettriche, Gianmarco Caselli alle percussioni e Chiara Venturini alle tastiere. Il risultato è stato un mix di sonorità avvolgenti e sperimentali che ha coinvolto il pubblico in un viaggio musicale indimenticabile. La serata si è conclusa con un’esplosione di energia, un segno indelebile del successo di questa edizione del Festival.     Un bilancio positivo per il Capannori Underground Festival, che anche quest’anno ha saputo coniugare musica, arte e cultura, creando un’atmosfera unica e coinvolgente. Il Festival non è solo una rassegna di spettacoli, ma un luogo dove la musica e l’arte si incontrano e si arricchiscono reciprocamente, offrendo al pubblico un’esperienza che va oltre il semplice intrattenimento.       Il Capannori Underground Festival – Lucca Underground Festival è organizzato da V.A.G.A. (Visioni Atipiche Giovani Artisti) con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e del Comune di Capannori in collaborazione con ARCI Lucca e Versilia, Museo Athena, Artemisia, Sistema Museale Territoriale della Provincia di Lucca, Anffas, Il Restauro, Effeottica Lucca e la media partnership di La Settima Base, Riserva Indie e Radio Sankara.  

Archetti Maestri al Capannori Underground Festival

– di Chiara Di Vito –   Archetti Maestri e Dome La Muerte protagonisti del terzo appuntamento del Capannori Underground Festival tenutosi lo scorso sabato 11 gennaio, eccezionalmente nella sala del Consiglio Comunale in Piazza Aldo Moro a Capannori.     Un evento di grande impatto per coloro che hanno avuto l’opportunità di parteciparvi e che conferma la grande forza attrattiva di un festival che in pochi anni è diventato un punto di incontro per artisti così diversi tra loro ma uniti dalla voglia di fare musica insieme. Il Capannori Underground Festival – grazie al prezioso lavoro del suo direttore artistico Gianmarco Caselli e di tutte le persone che collaborano al progetto – è riuscito a creare una comunità e quello spazio di libertà d’espressione di cui le nuove generazioni hanno sempre più bisogno.     Il terzo appuntamento, dicevamo, ha visto protagonista lo storico cantante degli Yo Yo Mundi Paolo Enrico Archetti Maestri – intervistato da Gianmarco Caselli, Chiara Venturini e Dome La Muerte, che al festival è ormai di casa essendo stato ospite di tutte le ultime edizioni. Ripercorrendo la storia degli Yo Yo Mundi, che proseguono tuttora la loro attività musicale con passione e tenacia, Archetti Maestri ha raccontato al numeroso pubblico presente moltissimi aneddoti con la vitalità di chi ha fatto della musica la propria esistenza. In chiusura, il cantante ha inoltre presentato Amorabilia, il suo primo lavoro da solista di cui ha eseguito alcuni brani. Archetti Maestri ha ricevuto il Premio Capannori Underground Festival per la diffusione della cultura Underground.     A seguire, il CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico ha accompagnato musicalmente la proiezione di Visioni Underground – la rassegna di fotografie degli attivisti del Festival – per l’occasione arricchita dalle opere dei ragazzi del Liceo Artistico “A. Passaglia” di Lucca. Opere, quelle dei ragazzi, esposte in una mostra allestita al Museo Athena di Capannori tra novembre e dicembre dello scorso anno, e che sono state protagoniste del secondo appuntamento di questa edizione del Capannori Underground Festival. Una serata ricca di sorprese quella dello scorso sabato, che è riuscita a mettere insieme diverse generazioni di artisti, uniti dalla voglia di esprimersi per costruire, insieme, uno spazio di ricerca espressiva libera dall’omologazione culturale e da pregiudizi di ogni forma.     Una voglia di collaborare, unire le forze, che si è sintetizzata nel finale quando, per accompagnare musicalmente la performance di Enzo Correnti – l’Uomo Carta, Archetti Maestri e Dome La Muerte hanno suonato insieme al CRP un brano dell’album di prossima uscita, la coinvolgente e tribale Baccante.   Il quarto e ultimo appuntamento di questa edizione del Capannori Underground Festival si terrà sabato 18 gennaio alle ore 17.15, sempre al Polo Culturale Artemisia di Capannori, e vedrà protagonisti Andy dei Bluvertigo. Ingresso libero su prenotazione fino ad esaurimento posti scrivendo una mail a associazionevaga@gmail.com.   Il Capannori Underground Festival – Lucca Underground Festival è organizzato da V.A.G.A. (Visioni Atipiche Giovani Artisti) con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e del Comune di Capannori in collaborazione con ARCI Lucca e Versilia, Museo Athena, Artemisia, Sistema Museale Territoriale della Provincia di Lucca, Anffas, Il Restauro, Effeottica Lucca e la media partnership di La Settima Base, Riserva Indie e Radio Sankara.  

La musica collettiva e resistente degli Yo Yo Mundi

– di Chiara Venturini – Sabato 11 gennaio al Capannori Underground Festival sarà protagonista Paolo Archetti Maestri, cantante dello storico gruppo Yo Yo Mundi. Archetti Maestri sarà intervistato dal mitico Dome La Muerte e dal direttore artistico del Festival, Gianmarco Caselli. L’ingresso è libero su prenotazione fino ad esaurimento posti scrivendo una mail a associazionevaga@gmail.com Per l’occasione riproponiamo l’intervista che abbiamo fatto qualche mese fa ad Archetti Maestri   La musica collettiva e resistente degli Yo Yo Mundi  Intervista con Paolo Enrico Archetti Maestri   Yo Yo Mundi: uno dei tanti gruppi emersi nei primi anni ‘90, gli ultimi momenti di gloria della musica alternativa italiana; nati in un periodo in cui appunto tutto sembrava possibile e la creatività sprizzava da tutte le parti, gli Yo Yo Mundi proseguono tuttora la loro attività musicale con tenacia e passione, tra collettivismo e impegno. Abbiamo intervistato Paolo Enrico Archetti Maestri, il cantante, chitarrista e portavoce del gruppo. Gli Yo Yo Mundi, una realtà degli anni ‘90 che va avanti con continuità senza mai fermarsi. Te lo saresti mai aspettato? Lo abbiamo voluto fortemente ed è così ancora oggi, anzi oggi più che mai! Quando io e gli altri componenti degli Yo Yo Mundi ci siamo messi insieme, dissi loro che il mio sogno era sempre stato quello di scrivere canzoni e di suonare da professionista (avevo già sfiorato questa possibilità con due band). Il gruppo nasce con  Eugenio Merico (batterista), praticamente subito abbiamo coinvolto Andrea Cavalieri (bassista), e dopo un anno di prove e composizione nella band è entrato Fabio Martino (fisarmonica e tastiere), all’epoca quindicenne. Questa è la formazione originaria degli Yo Yo, il nostro compleanno cade il 5 marzo 1989, in occasione del nostro primo live in quattro. Abbiamo subito avuto la percezione che poteva funzionare, perché noi quattro funzionavamo prima di tutto come persone e poi anche come musicisti, ognuno con la propria peculiarità, ma con la grande attitudine di aiutarci, sempre. E poi perché avevamo gli occhi che brillavano quando si parlava di musica. Infine ci voleva coraggio, spensieratezza, tenacia, determinazione e tanta voglia di emergere e a noi non mancava nulla di tutto questo. Ci siamo fatti i primi anni ‘90, con dei semplici demo e con quelli abbiamo ottenuto recensioni su diversi giornali nazionali (all’epoca c’erano tanti giornali specializzati e quasi tutti avevano uno spazio dedicato alla musica indipendente e ai demotape). E poi suonavamo ovunque senza avere neppure un disco, ma solo una grande intraprendenza e parecchia faccia tosta. Ed Eugenio già all’epoca si dimostrava abilissimo a trovare date e organizzare le continue trasferte.   Erano altri tempi, altre situazioni, contesti molto diversi da quelli in cui viviamo oggi. Erano situazioni in cui ci si doveva adattare a tutte le cose più pazzesche e bizzarre ma allo stesso tempo creative perché ci permettevano di crescere e diventare più abili e potenti ogni volta che riuscivamo a suonare da qualche parte (facevamo anche tutti i concorsi possibili vincendone diversi, era molto istruttivo parteciparvi perché spesso c’erano impianti belli e un pubblico vergine, non quello delle solite birrerie, c’era, all’epoca molta curiosità e molta disponibilità da parte del pubblico). A proposito di situazioni bizzarre… A volte non c’era neppure il palco e ricordiamo certi impianti audio luci… davvero spaventosi!! A un certo punto avevamo un po’ esaurito birrerie e pub in cui suonare e non ci piacevano neppure più tanto. Ci mancava qualcosa, allora abbiamo cominciato a suonare in strada e siamo arrivati anche in Francia, prima la Costa Azzurra e poi addirittura quindici giorni a Parigi, mantenendoci quasi completamente con quello che ci offrivano per strada mentre suonavamo le nostre canzoni e quelle di Paolo Conte (che anni dopo definì “selvatica” la nostra musica!). Quando siamo tornati ci siamo guadagnati dei palchi più importanti. Non avevamo letteralmente più paura di niente. Nel ‘91 abbiamo realizzato un album completamente autoprodotto intitolato “Nuovi oggetti di culto”, un disco che non è mai uscito perché noi volevamo fortemente essere prodotti da Gianni Maroccolo (Litfiba, CSI) e riuscimmo grazie a un amico giornalista, Marco Baratti, a incontrarlo e nacque immediatamente una simpatia, oltre a stima reciproca. Lui preferiva, giustamente, lavorare da zero con noi e le registrazioni acerbe di “Nuovi oggetti di culto” diventarono vecchie e inutili in un battibaleno. Con lui abbiamo realizzato prima un demo con alcuni inediti e poi, finalmente, l’anno successivo, cinque anni dopo la nascita del gruppo abbiamo registrato e dato alle stampe il primo album ufficiale del gruppo.  Quanto sono rimasti gli Yo Yo Mundi di un tempo? Quanto e come sono cambiati? I Litfiba dicevano: “Siamo cinque dita della stessa mano che sul palco si trasformano in pugno.” Noi eravamo in quattro e abbiamo voluto assolutamente trovare il quinto Yo Yo. Il desiderio si è materializzato nella persona di Fabrizio Barale (chitarra), che era l’assistente di studio dove registrammo l’album “Percorsi di musica sghemba” (Columbia – Sony, 1996). Finalmente anche noi potevamo diventare un pugno chiuso! Questa formazione a cinque è durata fino al 2013, poi Fabri cominciò a essere meno presente perché aveva cominciato a fare tour con l’amico Ivano Fossati (che fu nostro ospite ne “L’Impazienza”, 1999 e scrisse per noi la canzone “Il sud e il nord” e noi Yo Yo fummo ospiti nel suo album “La disciplina della terra”). Poi anche Fabio è andato a vivere in Svizzera (suona con i Vad Vuc, grande band ticinese!), la distanza e gli impegni, lavorativi e familiari, hanno  limitato assai la frequentazione artistica e così nel 2013 ci siamo trasformati in un collettivo. Fabio inizialmente è stato affiancato e poi sostituito da Chiara Giacobbe, violinista e cantante con noi da undici anni. A seguire abbiamo ospitato Simone Lombardo, suonatore di strumenti etnici che è a tutti gli effetti uno Yo Yo ad honorem. Così come Dario Mecca Aleina il nostro ingegnere del suono e Daniela Tusa l’attrice che collabora con noi da quasi dieci anni o ancora Ivano A. Antonazzo che non suona, ma è un artista che si occupa delle

La mostra Giovani Visioni Underground

– di Chiara Di Vito – Taglio del nastro per la mostra Giovani Visioni Underground, il secondo appuntamento del Capannori Underground Festival che si è tenuto sabato 30 novembre al Museo Athena di Capannori. Protagonisti gli studenti del Liceo Artistico Musicale “A. Passaglia” di Lucca.      «Coinvolgere le ragazze e i ragazzi – afferma Gianmarco Caselli, direttore artistico del Capannori Underground Festival – per noi è fondamentale. Vogliamo che i giovani sappiano che la nostra è una realtà in cui trovare possibilità di esprimersi!».     Con più di 40 opere pensate appositamente per il Festival, all’inaugurazione erano presenti i giovani artisti della classe 5B del Liceo Artistico Musicale “A. Passaglia” di Lucca: Lisa Alfani, Sara Bacci, Elena Bargellini, Giulia Biasci, Maria Virginia Bonini, Melissa Bruno, Dario Cortopassi, Chiara Cugia, Maximiliano Fierro, Erika Ghilardi, Duccio Lazzareschi, Benedetta Lo Bianco, Giulia Matteucci, Ambra Meschi, Ismael Messaoud, Amy Pandolfi, Maria Snegiana Puglia, Gaia Querchi, Alessia Rosellini, Loreline Silvi. Opere senza una linea comune se non quella dell’Underground, dell’espressione del proprio io senza mercificazione. «Per noi – affermano gli studenti coinvolti nella mostra – questa è un’occasione per esprimere la nostra arte, senza alcun vincolo o imposizione. Ogni opera è un’istantanea dell’urgenza espressiva di una generazione che si trova sempre più priva di posti dove esprimersi». In un momento storico in cui la società sembra perdersi tra guerre, pandemie globali e la costante ricerca di produttività, competizione ed efficienza è stato veramente emozionante vedere così tanti giovani impegnati nella realizzazione di una mostra artistica collettiva. Dedicare parte del proprio tempo al “bello” è uno degli strumenti che come società abbiamo a disposizione per riaffermare la centralità dell’umanità, non intesa in contrapposizione al digitale, ma come espressione della costante ricerca di se stessi nell’imprescindibile relazione con gli altri.     Dopo il taglio del nastro, è intervenuta Claudia Berti, assessora alla cultura del Comune di Capannori: «Il fatto che oggi ci troviamo circondati da così tante opere d’arte che sono espressione comunicativa dei giovani, rende questo luogo ancora più vivo. Lo spazio culturale riservato agli studenti del Passaglia all’interno del festival ‘Capannori Underground Festival’ ci offre l’opportunità di ascoltare le aspirazioni dei giovani, che non rappresentano un futuro da attendere, ma un presente da comprendere. Essi hanno colto segnali spesso sfuggiti agli adulti, mostrando una crescente volontà di ridefinire i valori della società. A livello individuale, emerge il desiderio di essere riconosciuti nella loro specificità e di apportare un valore nuovo attraverso ciò che sono, rifiutando modelli che li riducono a caselle predefinite. Questa proposta artistica dimostra come le nuove generazioni siano protagoniste di una trasformazione sociale che merita di essere ascoltata e valorizzata». A seguire l’intervento di uno degli studenti coinvolti nella mostra: «Ringraziamo la prof.ssa Boccasso e Gianmarco Caselli che, in un periodo storico che sembra privilegiare una mente omologata, ha voluto dare uno spazio a tutti quei ragazzi che si sentono un po’ “bizzarri” o che hanno qualcosa da esprimere».     In chiusura la performance musicale del CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico cui si sono aggiunti, per l’occasione, Elena Tonelli ed Elettra. Una performance dai ritmi trascinanti, fra il tribalismo e l’elettronica, tratto caratteristico dello sperimentalismo del gruppo: chitarre elettriche, tastiere, timpani e rullanti che fanno coesistere sonorità primitive con lancinanti squarci sul futuro.     La mostra, a ingresso libero, sarà visitabile fino al 14 dicembre nell’orario di apertura del Museo Athena di Capannori: martedì e giovedì 9-13, venerdì 13-19, sabato 10-13 e 16-19.     L’ingresso per i prossimi eventi del Capannori Underground Festival è  gratuito su prenotazione fino ad esaurimento posti scrivendo una mail a associazionevaga@gmail.com. Il Capannori Underground Festival – Luccca Underground Festival  è organizzato da V.A.G.A. (Visioni Atipiche Giovani Artisti) con il contributo  della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e del Comune di Capannori, in collaborazione con ARCI  Lucca e Versilia, Museo Athena, Artemisia, Sistema Museale Territoriale della Provincia di Lucca, Anffas, Il Restauro, Effeottica Lucca e la mediapartenrship di La Settima Base, Riserva Indie e Radio Sankara.

Le opere dei giovani in mostra a Capannori Underground Festival

Sabato 30 novembre alle ore 17.15 SECONDO EVENTO DI ‘CAPANNORI UNDERGROUND FESTIVAL’ CON UNA MOSTRA DEI LAVORI DEGLI STUDENTI DEL LICEO ARTISTICO ’PASSAGLIA’ AL MUSEO ATHENA Dopo il successo di apertura con la Bandabardò e la partecipazione di Antonio Aiazzi, al Capannori Underground Festival sabato 30 novembre saranno protagonisti i ragazzi del Liceo Artistico “A. Passaglia” di Lucca. Le studentesse e gli studenti della classe 5B esporranno infatti le proprie opere guidati dalla professoressa Ilaria Borelli Boccasso nel contesto della rassegna “Giovani Visioni Underground” che si terrà al Museo Athena di Capannori. “Per noi – dicono gli studenti – questa è un’occasione per esprimere la nostra arte, senza alcun vincolo o imposizione. Ogni opera è un’istantanea dell’urgenza espressiva di una generazione che si trova sempre più priva di posti dove esprimersi.”   “Crediamo fermamente – afferma Gianmarco Caselli, direttore artistico del Festival – che sia necessario e doveroso dare spazi ai ragazzi per esprimere artisticamente il momento storico così complesso e inquietante in cui stiamo vivendo.” In mostra ci saranno le opere di: Lisa Alfani , Sara Bacci , Elena Bargellini ,Giulia Biasci , Maria Virginia Bonini , Melissa Bruno, Dario Cortopassi, Chiara Cugia, Maximiliano Fierro, Erika Ghilardi, Duccio Lazzareschi, Benedetta Lo Bianco, Giulia Matteucci , Ambra Meschi , Ismael Messaoud , Amy Pandolfi, Maria Snegiana Puglia, Gaia Querchi , Alessia Rosellini, Loreline Silvi. L’esposizione sarà visitabile al museo Athena di via Carlo Piaggia a Capannori a partire dalle ore 17.15 e verrà aperta da una breve performance di CRP Collettivo Rivoluzionario Protosonico, la costola musicale del Festival, con la partecipazione di Elena Tonelli e Elettra. L’ingresso è libero.     Il Capannori Underground Festival è organizzato da V.A.G.A. (Visioni Atipiche Giovani Artisti) con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e del Comune di Capannori in collaborazione con ARCI Lucca e Versilia , Museo Athena, Artemisia, Sistema Museale Territoriale della Provincia di Lucca, Anffas, Il Restauro, Effeottica Lucca e la mediapartenrship di La Settima Base, Riserva Indie e Radio Sankara.

Siberia compie 40 anni – I Diaframma lo celebrano con un tour di più di trenta date

– di Gianmarco Caselli – I Diaframma di Federico Fiumani hanno infiammato il Caracol di Pisa il 15 novembre scorso con una serata del tour celebrativo dei 40 anni di “Siberia”, il primo album della storica band fiorentina. Un tour agli inizi – quella del Caracol era solo la terza data – che ha in calendario più di trenta date e che si concluderà ad aprile del 2025. Era giusto e doveroso celebrare l’anniversario di un album fondamentale per la new wave italiana, classificato al settimo posto dei “100 dischi italiani più belli di sempre”, secondo la rivista Rolling Stone Italia. Prima del concerto abbiamo scambiato alcune veloci battute con un disponibilissimo Fiumani. Sei contento di questo tour? La risposta da parte del pubblico è positiva? Sì, c’è sempre bisogno del riscontro con il pubblico e già in queste primissime date vedo una bella risposta, una forte energia. Come senti Siberia oggi? Noi siamo stati espressione di un periodo particolare, gli anni ’80. È una musica che rispecchia quegli anni. Non credi che l’ondata revival anni ’80 di questo periodo sia da collegare agli eventi storici e sociali attuali  che in parte sono molto simili ad allora? In parte, certamente. Penso che non sia un caso che I Cure siano tornati con un album che si ricollega a Disintegration e che sia balzato in cima alle classifiche. Lo hai ascoltato? Ho fatto un ascolto e devo ascoltarlo ancora bene ma mi pare molto bello. Hai qualcuno in particolare che credi interpreti musicalmente questo periodo che stiamo vivendo? Credo che la realtà musicale giovanile lo stia interpretando molto bene. Dovendo indicare qualcuno in particolare, sicuramente Blixa Bargeld e Teho Teardo, anche se non rientrano fra i giovanissimi. Fiumani è in ottima forma, con capelli verdi e chitarra dello stesso colore (“L’ho comprata perché fa pandan con i capelli”, dice scherzando con il pubblico fra una canzone e l’altra), ripercorre durante la serata i brani di Siberia ma ovviamente anche degli altri album. E quello che ne viene fuori è un concerto immersivo nel sound dei Diaframma con una sala piena e entusiasta che non ha mai smesso di ballare. Il sound è inevitabilmente quello degli anni ’80, le musiche sono quelle, ma tutto appare davvero attuale, assolutamente non datato. La voce e la chitarra di Fiumani, affiancato da giovani e validi musicisti, sono immediate, energiche e sprigionano una “gioia improvvisa” che coinvolge inevitabilmente il pubblico. Alla fine del concerto Fiumani si è prestato per fare foto con i fan e firmare autografi. A questo proposito vi consigliamo di comprare il vinile di “Siberia” in edizione speciale per l’anniversario: vinile rosa + Cd contenente “Siberia e “Live in Modena ’85” + poster 50×70 del Siberia Tour ’85 e un Maxi Booklet di 16 pagine.